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Basta smartphone e tablet a tavola: sono le nuove tate dei nostri bambini

29 Luglio 2016 by Dott.ssa Alessia Corticelli Approfondimenti e Notizie 0 comments

L’estate è una stagione indicata per preparare cene e pranzi lontano dalle calde città e dallo stress lavorativo. Diventa buona prassi quindi organizzare incontri con amici e parenti che magari non si vedevano da tempo. Generazioni diverse si ritrovano così insieme, seduti al tavolo. In queste occasioni, ma anche nell’interno della quotidianità domestica, è oramai consuetudine incrociare famiglie in cui gli adulti parlano tra loro mentre i bambini restano completamente isolati in una dimensione virtuale, con gli occhi fissi sullo schermo di un tablet o di uno smartphone.

Ma è utile ricorrere a queste tecnologie durante i pasti o nei momenti vuoti?

Sarebbe meglio evitare, vediamo il perché.

Il pasto è un momento di condivisione di esperienze, di racconti e di emozioni

Nella nostra società una famiglia dialoga in media 8 minuti al giorno. Un dato realmente sconcertante. Certamente nel dialogo è importante la qualità, oltre alla quantità, ma è altresì vero che 8 minuti sono davvero pochi per comunicare. Con i bambini più grandi sarebbe quindi importante sollecitarli a essere parte attiva della “tavolata”, anziché incentivare l’uso di smartphone e tablet a tavola. Con i bimbi più piccoli sarebbe meglio proporre piccoli giochi che, per esempio, possano catturare la loro attenzione: piccoli giochi di manipolazione, carta e matite, libri da sfogliare. La fantasia e la creatività dei bambini è illimitata, a differenza degli adulti.

L’uso degli smartphone e del tablet a tavola, e non solo, impedisce ai bambini di autoregolarsi

Di fronte a bimbi in difficoltà, che magari sono stanchi e piangono, è importante dare loro un tempo per regolarsi, senza sostituire questa necessità con il palliativo tecnologico. Ad affermarlo sono i ricercatori della Boston University School of Medicine. Soprattutto con i bambini più piccoli il ricorso alle tecnologie come sostituti di una tata impedirebbe loro  di riconoscere e gestire le proprie emozioni. In questo caso il ruolo dell’adulto dovrebbe essere proprio quello di mediatore tra il bambino e le sue emozioni. Per i genitori ricorrere al tablet a tavola e non solo può essere apparentemente una soluzione utile per il quieto vivere ma a lungo andare crea delle lacune nella gestione emotiva del figlio.

Durante i pasti i bambini dovrebbero essere coscienti di ciò che mangiano

L’educazione alimentare passa in primis da questo. Scoprire e assaggiare cibi nuovi comportandosi come soggetti attivi e non passivi. Probabilmente il ricorso al tablet a tavola aiuta il genitore a far mangiare cibi che in altro modo il bambino non avrebbe mangiato. Il problema così non è risolto, ma solo rimandato, perché negli altri contesti, come a scuola, il bambino deve imparare a mangiare cibi nuovi: se non è abituato a farlo a casa non potrà farlo fuori casa.

Gli adulti devono adattarsi ai tempi dei bambini

Anche in questo caso è sempre opportuno mettersi nei panni dei propri figli. Pranzi o serate esageratamente lunghi possono essere una vera e propria fatica per i bambini, soprattutto dove manca una valvola di sfogo adatta a loro, come un giardino, un’area giochi. Seppur sia giusto abituare i propri figli a vivere contesti ed esperienze diverse, incentivandoli a maturare, è sempre buona prassi individuare dei compromessi sui tempi. Così facendo sarà anche più facile evitare il ricorso al “tablet-tata”.

Porre attenzione sull’uso proprio o improprio delle nuove tecnologie non significa demonizzarle o censurarne l’uso. Ciò che si vuole suggerire è il riconoscimento delle potenzialità di questi strumenti e il loro ricorso nei tempi e nelle modalità corrette.

Se i “tablet-tata” vanno evitati, è bene ricordare che questi stessi strumenti possono fornire applicazioni e software didattici adatti ai bambini e utilizzabili attivamente da quest’ultimi, sempre con la supervisione dell’adulto.

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Dott.ssa Alessia Corticelli
Alessia Corticelli, psicologa dello sviluppo, lavora da anni nel mondo delle scuole e con le famiglie. Ha approfondito la sua preparazione professionale frequentando diversi corsi di formazione che le hanno permesso di ampliare le sue competenze nell’ambito della disabilità, della psicologia clinica e scolastica. Amante dell’arte moderna, dei libri e della musica rock. All’interno dello Studio di Psicologia Salem si occupa di formazione, clinica e testistica.
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