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Bullismo: è arrivato il momento di fare chiarezza

30 Maggio 2018 by Dott.ssa Alessia Corticelli Approfondimenti e Notizie 0 comments

Poche settimane fa l’opinione pubblica è stata scossa da un fatto di cronaca avente come protagonista un ragazzo di quindici anni di Lucca. Il minore è stato ripreso mentre aggrediva verbalmente il docente, intimandogli di mettergli una sufficienza nell’interrogazione. Fatto increscioso che ha avuto un’eco mediatica, nonché legale, notevole, vista la larga diffusione sul web.

Da quell’episodio ne sono scaturiti altri. La dinamica è più o meno la stessa: minacce al docente, aggressioni fisiche o verbali… Gli episodi sono stati immediatamente etichettati come atti di bullismo e subito la maggior parte del “tribunale web” ha preso le distanze e condannato i gravi fatti.

Numerosi quesiti, spesso senza risposta, sono stati pronunciati in televisione e nei telegiornali: si tratta di bullismo? Sono delinquenti? Quali sono le cause? Cerchiamo di fare chiarezza.

Cos’è il bullismo?

Spesso questa etichetta viene utilizzata in modo inflazionato, creando talvolta confusione. A volte l’etichettamento è rassicurante, anche perché aiuta a percepirsi ufficialmente distanti da un episodio simile.

Una delle caratteristiche principali del bullismo è la disparità tra bullo e vittima in fatto di ruoli e di autorevolezza. Il bullo solitamente evidenzia con aggressività le debolezze del coetaneo per sentirsi più forte. Qui però si tratta di docenti, che assistono alla scena decidendo di non reagire. Ad avvalorare però la tesi bullismo è la presenza di osservatori che decidono di non intervenire, rinforzando ancor più il comportamento verbalmente aggressivo del ragazzo.

Si potrebbe dunque parlare di bullismo, anche se, di fatto, il professore avrebbe in teoria un ruolo autorevole, dovrebbe essere un educatore, nonché pubblico ufficiale, e questo stride con il ruolo di vittima.

Di certo sono stati commessi dei reati, gravi per dei minori. Per l’episodio di Lucca, al momento, ci sono quattro indagati, tra i quali l’autore delle minacce, il compagno che ha filmato la scena con il telefonino e un altro studente, forse di un’altra scuola, che ha postato il video su Internet. Le ipotesi di reato sono diverse, dall’oltraggio alla violenza privata, dalle minacce alla diffamazione e saranno i magistrati minorili, nel rispetto e nella tutela dei ragazzi, a stabilire se ci sono colpevoli da punire.

Bullismo o disturbo della condotta?

Trattandosi di atti gravi ci si può chiedere quale sia il confine tra bullismo e disturbo della condotta? I ragazzi protagonisti di questi episodi sono “semplici” bulli oppure possono soddisfare i criteri di un disturbo psicopatologico?

Partiamo dalle differenze. Il disturbo della condotta è una patologia, e come tale, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM V), deve presentare una specifica sintomatologia (comportamenti circoscrivibili nelle seguenti categorie: aggressioni a persone o animali, distruzione di proprietà, frode o furto, gravi violazioni di regole) per un determinato periodo di tempo (12 mesi con almeno uno dei comportamenti segnalati presenti negli ultimi sei mesi).

Il bullo compie atti gravi e minacciosi spesso per mettersi al centro dell’attenzione. In realtà i suoi danni non compromettono gravemente il suo funzionamento sociale, scolastico e lavorativo. Chi soffre di un disturbo di condotta, invece, mostra elevata aggressività e compromette significativamente le proprie dinamiche relazionali. Inoltre in quest’ultimo caso manca la consapevolezza rispetto alla gravità degli atti compiuti e vi è assenza di empatia verso la vittima.

Il bullo è consapevole di ciò che fa e delle ripercussioni anche verso chi subisce, ma le ignora.

Una sostanziale differenza tra bullo e chi soffre di un disturbo della condotta è riconducibile, infine, alle modalità con cui viene perpetrato il gesto: il bullo ha bisogno di spettatori per rinforzarsi e per avere collaborazione. Nell’ambito patologico, invece, chi infrange le regole (e la legge) lo fa in solitudine.

Il bullismo dal punto di vista socio-economico

Il problema bullismo è stato anche affrontato, da parte di alcuni giornalisti, anche da un punto di vista socio-economico. È dunque vero che i bulli provengono da scuole professionali e dagli istituti tecnici (sulla differenza tra le due scuole ci vorrebbe un ulteriore approfondimento), e da un contesto socio economico fragile?

Nei dati Istat del 2014 non emerge una chiara correlazione, anzi, gli episodi di bullismo riguarderebbero maggiormente ragazzi frequentanti il liceo.

Hanno subìto ripetutamente comportamenti offensivi, non rispettosi e/o violenti più i ragazzi 11-13enni (22,5%) che gli adolescenti 14-17enni (17,9%); più le femmine (20,9%) che i maschi (18,8%). Tra gli studenti delle superiori, i liceali sono in testa (19,4%); seguono gli studenti degli istituti professionali (18,1%) e quelli degli istituti tecnici (16%).

Sfatato il mito socio-economico tra le cause dei comportamenti da bulli, si potrebbe però trarre un denominatore comune alla base di queste azioni, al netto del profilo sociale. La scelta di ignorare l’empatia verso l’altro. Chi hanno davanti in quel momento diventa strumento per attirare l’attenzione e il consenso.

Che ruolo hanno le famiglie in queste dinamiche?

L’importanza del ruolo genitoriale è senza dubbio un elemento chiave per la gestione di un adolescente. Il genitore deve essere un modello, deve fornire una base sicura, deve accogliere e accompagnare il figlio nel proprio percorso di crescita individuale. Da qui possono sorgere due modalità opposte, entrambe non funzionali nella gestione della genitorialità: l’eccessiva libertà fornita al minore da una parte e l’ipercontrollo dall’altra.

L’assenza di regole lascia un minore privo di un “binario” e lo può spesso spingere a fare delle scelte errate. L’ipercontrollo invece non va inteso come un controllo morboso delle azioni del figlio ma come una vera e propria sostituzione del genitore nell’assunzione di responsabilità: “Non importa cosa combini, ci pensa papà/mamma a sistemare tutto”.

Entrambe le modalità sono disfunzionali e, per motivi diversi, non portano il minore al raggiungimento di una propria individualità e di un senso di responsabilità adeguato.

Abuso delle nuove nuove tecnologie

Un altro denominatore comune fra gli adolescenti e i numerosi episodi di bullismo potrebbe essere infine l’utilizzo eccessivo delle nuove tecnologie. Quanto l’abuso di smartphone potrebbe contribuire all’aumento di episodi di bullismo? Una correlazione potrebbe esserci. L’uso eccessivo dei social e degli smartphone potrebbe contribuire a creare quella cecità empatica che è presente negli episodi di bullismo. Si tratta sempre di abuso e non di uso.

Lavorare in sinergia per guidare i giovani

Non c’è una sola causa, non c’è un solo modo di etichettare e di analizzare il fenomeno. La realtà è eterogenea e come tale necessita di una presa in carico su più fronti: scuola, famiglia, figure professionali specifiche pronte a lavorare in sinergia e a guidare i giovani nel, talvolta turbolento, percorso adolescenziale

bullismo

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Dott.ssa Alessia Corticelli
Alessia Corticelli, psicologa dello sviluppo, lavora da anni nel mondo delle scuole e con le famiglie. Ha approfondito la sua preparazione professionale frequentando diversi corsi di formazione che le hanno permesso di ampliare le sue competenze nell’ambito della disabilità, della psicologia clinica e scolastica. Amante dell’arte moderna, dei libri e della musica rock. All’interno dello Studio di Psicologia Salem si occupa di formazione, clinica e testistica.
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